mercoledì 7 novembre 2012

Shalom



Carissimi amici,
finalmente posso tornare a scrivervi ,
tante cose sono successe durante il periodo di  mia assenza da questo blog, alcune belle, bellissime, altre meno.
Ma il mio amore per il Signore e per tutti voi non è cambiato, anzi è più forte che mai, quindi  da oggi , a Dio piacendo , si riprende .
Mi è arrivata una urgentissima richiesta di preghiera per Chiara , una neonata di un mese, che attende esito di visita medica per sospetto tumore.
Vi prego !!!! sosteniamo lei   e  la sua famiglia con tutto il nostro amore e preghiere .
Grazie
Shalom
Rosaria

sabato 14 luglio 2012

Commento al Vangelo del 15/7/2012




Non aver nulla di più caro di Cristo
a cura di  don Roberto Rossi
XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (15/07/2012)
Vangelo: Mc 6,7-13

Tutto il Vangelo di Marco è percorso da uno spirito missionario. Fin dall'inizio, Gesù è colui che «proclama il Vangelo di Dio» (1,14).
L'evangelizzazione è l'ultimo comando del Cristo risorto: «Andate in tutto il mondo, proclamate il Vangelo a ogni creatura» (16,15).
L'evangelizzazione consiste nell'annuncio che in Gesù il Regno di Dio è venuto per tutti gli uomini. Ecco la predicazione. Marco dice che i discepoli predicano la conversione e se ne vanno «a due a due». Il due è il numero della più piccola comunità, ma è il segno di una fraternità concreta, testimonianza di vita, prima dell'annuncio esplicito. Ogni evangelizzazione è vera se è testimoniata dall'amore.

Gesù, chiamò i dodici e cominciò a mandarli a due a due a portare, con le opere e le parole, l'annuncio del regno di Dio. Finora era stato solo Lui, Gesù, a predicare. I discepoli lo seguivano, ascoltavano, imparavano. Ora essi sono mandati. In seguito all'invio degli apostoli, Gesù "designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi". Gesù invia tutti i suoi discepoli. Ha bisogno di tutti. Meglio, fa l'onore a tutti di essere gente che gli prepara la strada, che aiuta le persone a conoscere e incontrare il Signore. Tutti siamo inviati da Gesù come evangelizzatori, come testimoni. Qualcuno potrebbe dire: Ma io ho tanti impegni, il lavoro, la famiglia, le preoccupazioni... questo è il lavoro dei sacerdoti, dei missionari! Certo per loro è la consacrazione di tutta la loro vita; ma tutti, proprio per l'amore che il Signore ci ha portato, per il battesimo e gli altri sacramenti che ci ha dato, siamo chiamati ad essere evangelizzatori. Ma come, proprio nella vita di tutti i giorni, nella famiglia, nel lavoro, nelle situazioni della vita della società, con le opere e le parole, cioè con l'amore che mettiamo nelle azioni della nostra giornata e con le parole che cercheranno di essere secondo il Signore. Di  fatto, tutti parliamo dalla mattina alla sera. Di che cosa parliamo? Quali gli argomenti così importanti? Di ciò che dice il giornale, la televisione, gli argomenti e i pettegolezzi di tutti: non possiamo parlare del Signore, delle cose belle e importanti della vita, dei valori che ci sono donati nel vangelo, del bene che il Signore suscita in tanti cuori? Non possiamo incoraggiare e aiutare i nostri "fratelli" nella strada del bene? Si fa molta più fatica, e richiede molto più tempo ed energie, ad essere "mondani" che ad essere "cristiani". Essere mondani non porta a nulla, essere cristiani porta alla salvezza propria e degli altri. Diventare evangelizzatori non è un peso in più nella vita; è una gioia, un aiuto che fa dimenticare i pesi o aiuta a portarli meglio. Gesù ha promesso il centuplo quaggiù e la vita eterna.

Tutti i credenti sono profeti e missionari: "ad ogni discepolo di Cristo incombe il dovere di diffondere, per quanto gli è possibile, la fede", così ci ha detto il Concilio.

Ciascuno è responsabile della Parola che il Signore gli affida e che è resa credibile dalla testimonianza dei suoi inviati; essa deve essere proclamata in obbedienza, e secondo le modalità e i tempi suggeriti dallo Spirito, che si serve delle capacità proprie dei singoli. Ogni cristiano è uno "strumento imperfetto": spesso si sente inadeguato, ma è pur sempre strumento eletto da Dio per rendere visibile la sua presenza e per compiere la sua opera nel mondo. Il punto di partenza dell'evangelizzazione è ben espresso dalla preghiera di oggi: Tutto l'impegno sgorga dal non aver nulla di più caro di Cristo. Prima di pensare ai mezzi e ai modi di evangelizzare è necessario essere innamorati di Lui, aver fatto esperienza della sua intimità. Tra la scelta e il mandato, si colloca il tempo in cui gli apostoli stanno con il Signore per apprendere il suo stile di vita e farlo proprio, per imparare a rileggere la storia personale e universale come storia di salvezza, per sperimentare "incarnato" e vero, il lieto messaggio che sono chiamati a proclamare. Il cristiano "missionario" sa di essere un povero e un misero, di possedere mezzi poveri. Egli sa di non poter contare sulle proprie forze, ma vive nella fede e nella speranza, poiché riconosce di essere benedetto da Dio che lo ha pensato e voluto da sempre, che lo ha amato fino ad arrivare a lavarlo nel sangue del suo Figlio. Per evangelizzare è necessario essere interiormente poveri, liberi da ogni condizionamento, da schemi o da interessi, per spendersi in una donazione totale nella fedeltà alla Parola, rispettosi della libertà degli altri che possono accogliere o meno il messaggio evangelico.

La Parola annunciata riceve testimonianza dall'esempio di vita e dalle opere
che il cristiano "missionario" compie. E sono veramente molti i cristiani che offrono esempi di amore, di opere buone, di giustizia, di pace, di santità. Ringraziamo il Signore e cerchiamo di percorrere la stessa strada.

Io mando voi (Mons. M. Frisina)

Preghiera di mamma Pierina ispirata al Vangelo Mc 6, 7-13



Signore Gesù, anche noi, come gli apostoli, siamo invitati da Te  per annunciare al mondo la lieta novella della salvezza.
Apri il nostro cuore, Gesù, all'accoglienza di ogni tuo insegnamento e fà che, con la vita, siamo testimoni credibili del Tuo Vangelo, per distogliere le anime dalle vie del peccato e condurle a Te, nel Regno della Grazia.
Amen

Pierina


domenica 8 luglio 2012

Commento al Vangelo dell' 8/7/2012




Il falegname   (  a cura di don Luciano Cantini )
XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (08/07/2012)
Vangelo: Mc 6,1-6



Non è costui il falegname ?
Per celebrare Dio, l'uomo ha dato libertà al suo ingegno e alla sua arte: la maestosità del romanico, l'elevazione del gotico, la ricchezza del barocco... ogni secolo ha espresso nell'architettura, nella musica, nella pittura opere che parlassero al cuore dell'uomo della grandezza di Dio. A nessuno è venuto in mente la bottega del falegname tra schegge e trucioli, polvere e segatura, ragnatele e strumenti di lavoro.
Questo è lo scandalo di sempre: la distanza tra il luogo i cui l'uomo cerca Dio e quello in cui Dio ha scelto di abitare.
Non fa problema lo scandalo degli abitanti di Nazareth e del loro stupore, ma il nostro scandalo che nonostante duemila anni di vangelo ancora permane. Anzi sembra che in questi nostri anni si stia particolarmente acuendo, almeno a guardare la ricchezza dei paramenti e dei trinati che vengono sfoggiati per celebrare quel falegname di Nazareth. Eppure quel falegname con i suoi abiti polverosi di segatura, con l'umiltà del suo grembiule ci racconta il grande mistero della Incarnazione. Se si prescinde da questa spoliazione (cfr. Fil 2,7) non si capisce più nulla del mistero di Dio e del suo Vangelo, questo rischio non si è ancora allontanato dalle Chiese.

«Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua»
Da sempre i profeti non hanno vita facile, il loro messaggio è talmente osteggiato che ad Ezechiele (2,5) è detto: Ascoltino o non ascoltino - dal momento che sono una genìa di ribelli -, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro. Quello che fa problema che i profeti non sono osteggiati dai "cattivi" di Israele, ma dalle persone buone, i frequentatori del Tempio, gli studiosi delle Scritture, i Sacerdoti, i potenti.
A Nazareth sono gli amici di Gesù, quelli che sono cresciuti con lui, con cui hanno giocato insieme, coloro che con il Falegname hanno familiarità. Anche questo, per noi frequentatori di chiese e amici di Gesù dovrebbe far riflettere e liberarci dalle sovrastrutture mentali che vogliono immaginare un Dio lontano e inaccessibile, da adorare tra i ceri e i profumi d'incenso.
In tutto il Vangelo Gesù si sforza di far capire la sua vicinanza all'uomo, la sua compassione, la misericordia. Mangia e beve, si china a lavare i piedi, predilige i peccatori e i poveri, si paragona agli stranieri, gli affamati, i malati, i carcerati. È condannato a morte come un malfattore. La storia di Gesù allontana da noi un'idea di Dio costruita nei secoli, questo è lo scandalo. Prepotentemente quella stessa idea riemerge nella storia degli uomini e nelle religioni.

E che sapienza è quella che gli è stata data?
La Parola di Gesù è una parola che disturba, destabilizza, porta una novità che sembra difficile cogliere. Eppure era una novità già stabilita fin dalle origini del mondo. La sua è la sapienza del profeta che rivela ciò che da sempre è nascosto nel cuore di Dio, rivela la verità dell'uomo come era nel pensiero del creatore prima che il peccato ne prendesse possesso, e di cui l'uomo fa fatica ad esserne liberato. Ecco perché si meravigliava della loro incredulità. Della incapacità dell'uomo di riconoscere la Grazia che Dio gli sta donando e che forse non risponde alle sue aspettative.
Abbiamo la consolazione che nonostante tutto Gesù continua a imporre le mani per la guarigione e a camminare per le strade del mondo, insegnando.

Preghiera di mamma Pierina ispirata al Vangelo del giorno(Mc 6,1-6)












Gesù, Tu sei il Dio-con-noi, vivi in mezzo a noi; vivi in noi .
Noi Ti abbiamo conosciuto, Gesù; Ti abbiamo accolto nella nostra vita ; nel nostro quotidiano Tu operi con noi , per la nostra salvezza e per quella degli altri.
Noi crediamo in Te, Gesù, Figlio di Dio, Salvatore del mondo !
Grazie, Gesù, per il dono della fede !

Pierina





sabato 30 giugno 2012

Commento al Vangelo dell' 1/07/2012




Dalla schiena al Volto   a cura di don Roberto Seregni
XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (01/07/2012)
Vangelo: Mc 5,21-43 

 
Forse i discepoli non l'avevano ancora mandata giù quella domanda così forte e bruciante del loro Rabbì: "Non avete ancora fede?" (Mc 4,40).
Il mare, addomesticato dalla Sua Parola, ha lasciato attraccare la barca all'altra sponda. Nelle orecchie non rimbombano i tuoni della tempesta, ma quella domanda.
Appena sceso a riva la folla Lo circonda e l'abile penna di Marco intreccia per noi due incontri: la donna con le perdite di sangue e il capo della sinagoga.

Il tema attorno al quale ruota questo duplice incontro è la fede.
Fede della donna, che sfidando le proibizioni al contatto dovute alla sua impurità rituale e sociale (Lv 15,25), non solo si scopre guarita, ma pure salvata: "Va' la tua fede ti ha salvata" (Mc 5,34).
Fede di Giairo, capo della sinagoga, che si getta ai piedi di Gesù e chiede che sua figlia venga salvata (cfr Mc 5,23) e che sulla Parola del Maestro continua ad avere fede (cfr. Mc 5,36) nonostante gli venga comunicato che la ragazza è morta.
A entrambi Gesù fa percorrere il viaggio più lungo e faticoso che un uomo possa compiere. Entrambi sono messi davanti alla propria impotenza e debolezza, entrambi sono invitati a fare il passo decisivo dell'abbandono, dell'espropriazione, della consegna.
La donna che ha toccato il mantello, deve anche incrociare lo sguardo di Gesù. Ecco il cammino: dalla schiena al Volto. Dalla potenza della guarigione alla gioia della salvezza. Lei che voleva nascondersi, ora deve uscire allo scoperto. Nel Suo sguardo non troverà giudizio o condanna, ma solo benedizione: "Va' in pace" (Mc 5,34).
Giairo deve invece fare i conti con l'evidenza di un annuncio terribile: "Tua figlia è morta" e con la Parola straripante di speranza del Maestro: "Non temere".
Abbandonarsi all'evidenza o affidarsi alla Parola?
Calpestare in lutto solitario la strada del ritorno o ritmare di speranza il passo al fianco del Maestro?
Questa pagina del Vangelo ci deve scavare dentro, ci deve mettere a stretto contatto con le nostre paure e i nostri desideri. La Parola di Gesù - se la accogliamo per davvero - ha la forza di smascherare le rigidità della nostra fede, schiodare i nostri piedi dal letargo dell'immobilità e svestire le nostre tiepidezze travestite da buon senso e da falsa prudenza.

Coraggio, cari amici! Non accontentiamoci più del minimo, sbarazziamoci delle mediocrità che ingrigiscono la lucentezza del Vangelo. Anche a noi il Signore Gesù dirà: la tua fede ti ha salvato!

Buona settimana
don Robi

Shalom



Ciao amici,
poichè il materiale che volevo pubblicare  su San Pietro e San Paolo era davvero  tanto, per non appesantire la giornata di ieri,
ho riservato qualcosa anche per oggi, con calma vi invito a prenderne visione . Grazie
Shalom
Rosaria

San Pietro e il Risorto

La crocifissione di Pietro ( Mons. Marco Frisina )

Tu es Petrus (Tu sei Pietro ) Mons. Marco Frisina

San Paolo : La più bella descrizione dell'amore

venerdì 29 giugno 2012

Shalom


Ciao amici,
oggi ricorre la Festa di San Pietro e Paolo , quindi  porgo i miei affettuosi auguri a tutti coloro che portano questi nomi, in particolare alla mia mamma.
Per l'occasione ,ho pubblicato due belle agiografie  di questi due grandi santi,
Shalom
Rosaria


Per mamma Pierina


Preghiera di Mamma Pierina




29 Giugno 2012
SS. Pietro e Paolo Apostoli

Signore Gesù,
siamo lieti di festeggiare oggi San Pietro e San Paolo, due vite meravigliose, che tanto hanno dato al mondo, per far conoscere il Tuo Progetto di Salvezza.
Da loro impariamo l'umiltà per riconoscere i nostri errori e corrispondere alla Tua Chiamata totalmente, per servirTi nella Chiesa per il resto della nostra vita.
Amiamo il Santo Padre, Benedetto XVI, e Ti preghiamo per lui, Gesù, perchè Tu lo sorregga nel suo ministero di Pastore, che deve condurre le anime nel sentiero della Verità e della Vita vera.
Lode a Te, Signore Gesù!
Tu sei il Capo invisibile della Chiesa, e noi ci affidiamo completamente a Te, affinchè le forze del  male non prevalgano su di Essa.

Pierina

Agiografie di San Pietro e San Paolo

29 giugno San Pietro Apostolo Bethsaida (Galilea) - † Roma, 67 d.C.

Pietro, scelto da Cristo a fondamento dell'edificio ecclesiale, clavigero del regno dei cieli (Mt 16,13-19), pastore del gregge santo (Gv 21,15-17), confermatore dei fratelli (Lc 22,32), è nella sua persona e nei suoi successori il segno visibile dell'unità e della comunione nella fede e nella carità. Gli apostoli Pietro e Paolo sigillarono con il martirio a Roma, verso l'anno 67, la loro testimonianza al Maestro. (Mess. Rom.) Patronato: Papi, Pescatori Etimologia: Pietro = pietra, sasso squadrato, dal latino Emblema: Chiavi, Croce rovesciata, Rete da pescatore Martirologio Romano: Solennità dei santi Pietro e Paolo Apostoli. Simone, figlio di Giona e fratello di Andrea, primo tra i discepoli professò che Gesù era il Cristo, Figlio del Dio vivente, dal quale fu chiamato Pietro. Paolo, Apostolo delle genti, predicò ai Giudei e ai Greci Cristo crocifisso. Entrambi nella fede e nell’amore di Gesù Cristo annunciarono il Vangelo nella città di Roma e morirono martiri sotto l’imperatore Nerone: il primo, come dice la tradizione, crocifisso a testa in giù e sepolto in Vaticano presso la via Trionfale, il secondo trafitto con la spada e sepolto sulla via Ostiense. In questo giorno tutto il mondo con uguale onore e venerazione celebra il loro trionfo.

San Pietro è l’apostolo investito della dignità di primo papa da Gesù Cristo stesso: “Tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia Chiesa”. Pur non essendo stato il primo a portare la fede a Roma, ne divenne insieme a s. Paolo, fondatore della Roma cristiana, stabilizzando e coordinando la prima Comunità, confermandola nella Fede e testimoniando con il martirio la sua fedeltà a Cristo. Nacque a Bethsaida in Galilea, pescatore sul lago di Tiberiade, insieme al fratello Andrea, il suo nome era Simone, che in ebraico significava “Dio ha ascoltato”; sposato e forse vedovo perché nel Vangelo è citata solo la suocera, mentre nei Vangeli apocrifi è riportato che aveva una figlia, la leggendaria santa Petronilla; il fratello Andrea, dopo aver ascoltato l’esclamazione di Giovanni Battista: ”Ecco l’Agnello di Dio!” indicando Gesù, si era recato a conoscerlo ed ascoltarlo e convintosi, disse poi a Simone “Abbiamo trovato il Messia!” e lo condusse con sé da Gesù. Pietro fu chiamato da Cristo a seguirlo dicendogli “Tu sei Simone il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa = Pietro (che in latino è tradotto Petrus); in seguito dopo la pesca miracolosa, avrà la promessa da Cristo che diventerà pescatore di anime. Fu tra i più intraprendenti e certamente il più impulsivo degli Apostoli, per cui ne divenne il portavoce e capo riconosciuto, con la celebre promessa del primato: “E io ti dico che sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa. Ti darò le chiavi del regno dei cieli e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”. Ciò nonostante anche lui fu preso da grande timore durante l’arresto e il supplizio di Gesù, e lo rinnegò tre volte. Ma si pentì subito di ciò e pianse lagrime amare di rimorso; egli non è un’asceta, un diplomatico, anzi è uno che afferma drasticamente le cose e le dice, protesta come quando il Maestro preannuncia la sua imminente morte, Pietro pensa e poi afferma: “Il Maestro deve morire? Assurdo!”, come altrettanto decisamente si rifiuta di farsi lavare i piedi da Gesù, durante l’ultima cena, ma in questa ed altre occasioni riceve i rimproveri del Maestro ed egli pur non comprendendo, accetta sempre, perché sapeva od aveva intuito di trovarsi davanti alla Verità. È un uomo semplice, schietto, diremmo sanguigno, agisce d’impeto come quando cerca con la spada, di opporsi alla cattura di Gesù, che ancora una volta lo riprende per queste sue reazioni di essere umano, non ancora conscio, del grande evento della Redenzione e quindi, privato delle sue forze solo umane, non gli resta altro che fuggire ed assistere impotente ed angosciato agli episodi della Passione di Cristo. Dopo la crocifissione e la Resurrezione, Pietro ormai convinto della missione salvifica del suo Maestro, riprende coraggio e torna quindi a radunare gli altri Apostoli e discepoli dispersi, infondendo coraggio a tutti, fino alla riunione nel Cenacolo cui partecipa anche Maria. Lì ricevettero lo Spirito Santo, ebbero così la forza di affrontare i nemici del nascente cristianesimo e con il miracolo della comprensione delle lingue, uscirono a predicare le Verità della nuova Fede. Gli Apostoli nell’ardore di propagare il Cristianesimo a tutte le genti, non solo agli israeliti, dopo 12 anni trascorsi a Gerusalemme, si sparsero per il mondo conosciuto di allora. Pietro ebbe il dono di operare miracoli, alla porta del tempio guarì un povero storpio, suscitando entusiasmo tra il popolo e preoccupazione nel Sinedrio. Anania e Zaffira caddero ai suoi piedi stecchiti, per aver mentito e Simon Mago che voleva con i suoi soldi comprare da lui il potere di fare miracoli, subì parole durissime e cadendo rovinosamente, in un tentativo di operarli da solo. Risuscitò Tabita a Giaffa per la gioia di quella comunità fuori Gerusalemme. Ammise al battesimo il centurione romano Cornelio e la sua famiglia, stabilendo così che anche i pagani e chi non era circonciso poteva diventare cristiano. Subì il carcere e miracolosamente liberato, lasciò Gerusalemme, dove la vita era diventata molto rischiosa a causa della persecuzione di Erode Antipa, intraprese vari viaggi, poi nell’anno 42 dell’era cristiana dopo essere stato ad Antiochia, giunse in Italia proseguendo fino a Roma ‘caput mundi’, centro dell’immenso Impero Romano, ne fu vescovo e primo papa per 25 anni, anche se interrotti da qualche viaggio apostolico. A causa dell’incendio di Roma dell’anno 64, di cui furono incolpati i cristiani, avvenne la prima persecuzione voluta da Nerone; fra le migliaia e migliaia di vittime vi fu anche Pietro il quale finì nel carcere Mamertino e nel 67 (alcuni studiosi dicono nel 64), fu crocifisso sul colle Vaticano nel circo Neroniano, la tradizione antichissima fa risalire allo storico cristiano Origene, la prima notizia che Pietro fu crocifisso per sua volontà, con la testa in giù; nello stesso anno s. Paolo veniva decollato sempre a Roma ma fuori le mura. Il corpo di Pietro venne sepolto a destra della via Cornelia, dove fu poi innalzata la Basilica Costantiniana. La grandezza di Pietro consiste principalmente nella dignità di cui fu rivestito e che trascendendo la sua persona, si perpetua nell’istituzione del papato. Primo papa, Vicario di Cristo, capo visibile della Chiesa, egli è il capolista di una gerarchia che da venti secoli si avvicenda nella guida dei fedeli credenti. L’umile pescatore di Bethsaida, si trovò a guidare la nascente Chiesa, in un periodo cruciale per l’affermazione nel mondo pagano dei principi del Cristianesimo; istituì il primo ordinamento ecclesiastico e la recita del ‘Pater noster’. Indisse il 1° Concilio di Gerusalemme, fu ispiratore del Vangelo di Marco, autore di due lettere apostoliche nonostante la sua scarsa cultura, nominò apostolo il discepolo Mattia al posto del suicida Giuda Iscariote. Il primo simbolo che caratterizza la figura di Pietro e dei suoi successori è la ‘Cattedra’, segno della potestà di insegnare, confermare, guidare e governare il popolo cristiano, la ‘cattedra’ è inserita nel grande capolavoro della “Gloria” del Bernini, che sovrasta l’altare maggiore in fondo alla Basilica Vaticana, a sua volta sovrastata dall’allegoria della colomba, raffigurante lo Spirito Santo che l’assiste e lo guida. Il secondo simbolo, il più diffuso, è lo stemma pontificio, comprendente una tiara, copricapo esclusivo del papa con le chiavi incrociate. La tiara porta tre corone sovrapposte, quale simbolo dell’immensa potestà del pontefice (nel pontificale romano del 1596, la tiara o triregno, stava ad indicare il papa come padre dei principi e dei re, rettore del mondo cattolico e Vicario di Cristo). Questo simbolo perpetuato e arricchito nei secoli da artisti insigni, nelle loro opere di pittura, scultura, araldica, raffiguranti i vari papi, oggi non è più usata e nelle cerimonie d’incoronazione è stata sostituita dalla mitria vescovile. Questo ad indicare che il papa più che essere al disopra di tutti regnanti, è invece vescovo tra i vescovi e che il suo primato è tale perché vescovo di Roma, a cui la tradizione apostolica millenaria aveva affidato tale compito. Le chiavi simboleggiano la potestà di aprire e chiudere il regno dei cieli, come detto da Gesù a Pietro. Per tutti i secoli successivi, s. Pietro, rimase fino al 1846 il papa che aveva governato più a lungo di tutti con i suoi 25 anni, poi venne Pio IX con i suoi 32 anni di governo; ma l’attuale pontefice Giovanni Paolo II ha raggiunto anch’egli il quarto di secolo come s. Pietro. Nessun successore per rispetto, ha voluto chiamarsi Pietro. Nella Basilica Vaticana, nella cripta sotto il maestoso altare con il baldacchino del Bernini, detto della ‘Confessione’, vi sono le reliquie di s. Pietro, venute alla luce durante i lavori di restauro e consolidamento archeologico, fatti eseguire da papa Pio XII negli anni ’50. Sulla destra dell’immensa navata centrale, vi è la statua bronzea, opera attribuita ad Arnolfo di Cambio, raffigurante l’Apostolo assiso in cattedra, essa si trovava originariamente nel mausoleo che all’inizio del V secolo l’imperatore Onorio, volle costruire sul lato sinistro della basilica, per stare accanto alla tomba del martire; durante le cerimonie pontificie essa viene rivestita con i paramenti papali. Sporgente dal basamento vi è il piede, ormai consumato dallo strofinio delle mani e dal tradizionale bacio di milioni di fedeli e pellegrini, alternatosi nei secoli e provenienti da tutte le Nazioni. La festa, o più esattamente la solennità, dei ss. Pietro e Paolo al 29 giugno, è una delle più antiche e più solenni dell’anno liturgico. Essa venne inserita nel messale ben prima della festa del Natale e vi era già nel secolo IV l’usanza di celebrare in questo giorno tre S. Messe: la prima nella basilica di S. Pietro in Vaticano, la seconda a S. Paolo fuori le mura e la terza nelle catacombe di S. Sebastiano, dove le reliquie dei due apostoli dovettero essere nascoste per qualche tempo, per sottrarle alle profanazioni barbariche. Il giorno 29 giugno sembrerebbe essere la ‘cristianizzazione’ di una ricorrenza pagana, che esaltava le figure di Romolo e Remo, i due mitici fondatori di Roma, come i due apostoli Pietro e Paolo sono considerati i fondatori della Roma cristiana.

29 Giugno

San Paolo

Paolo, cooptato nel collegio apostolico dal Cristo stesso sulla via di Damasco, strumento eletto per portare il suo nome davanti ai popoli, è il più grande missionario di tutti tempi, l'avvocato dei pagani, l'apostolo delle genti, colui che insieme a Pietro far risuonare il messaggio evangelico nel mondo mediterraneo. Gli apostoli Pietro e Paolo sigillarono con il martirio a Roma, verso l'anno 67, la loro testimonianza al Maestro. (Mess. Rom.)

Patronato: Vescovi, Missionari, Rover e Scolte

Etimologia: Paolo = piccolo di statura, dal latino

Emblema: Spada

Martirologio Romano: Solennità dei santi Pietro e Paolo Apostoli. (idem c.s.)

San Paolo è senz’altro il più grande missionario di tutti i tempi, non conobbe personalmente Cristo, ma per la Sua folgorante chiamata sulla via di damasco, ne divenne un discepolo fra i più grandi, perorò la causa dei pagani convertiti, fu l’apostolo delle Genti; insieme a Pietro diffuse il messaggio evangelico nel mondo mediterraneo di allora; con la sua parola e con i suoi scritti operò la prima e fondamentale inculturazione del Vangelo nella storia. Origini e formazione Nacque probabilmente verso il 5-10 d.C. a Tarso nella Cilicia, oggi situata nella Turchia meridionale presso i confini con la Siria, città che nel I secolo era un luogo cosmopolita, dove vivevano greci, anatolici, ellenizzati, romani e una colonia giudaica, a cui apparteneva il padre commerciante di tende, il quale con la sua famiglia, come tutti gli abitanti, godeva della cittadinanza romana, riconosciuta dal triumviro Marc’Antonio e poi dall’imperatore Augusto. Come molti degli ebrei di quel tempo, portava due nomi, uno ebraico Saul, che significava “implorato a Dio” e l’altro latino o greco che era Paulus, probabilmente alludeva alla sua bassa statura; Paulus divenne poi il suo unico nome, quando cominciò la sua predicazione in Occidente. Conosceva la cultura ellenistica e a Tarso imparò il greco, ma la sua educazione era fondamentalmente giudaica, il suo ragionamento e la sua esegesi biblica, avevano l’impronta della scuola rabbinica. Persecutore dei cristiani Da giovane fu inviato a Gerusalemme, dove fu allievo di Gamaliele, il maestro più famoso e saggio del mondo ebraico dell’epoca; e a Gerusalemme conobbe i cristiani come una setta pericolosa dentro il giudaismo da estirpare con ogni mezzo; egli stesso poi dirà di sé: “Circonciso l’ottavo giorno, della stirpe d’Israele, della tribù di Beniamino, ebreo da ebrei, fariseo quanto alla legge, quanto a zelo persecutore della Chiesa; irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della legge” (Fil. 3, 5-6). Verso il 20 terminati gli studi, Saulo tornò a Tarso, dove presumibilmente si trovava durante la predicazione pubblica di Gesù; secondo gli “Atti degli Apostoli”, egli tornò a Gerusalemme una decina d’anni dopo, certamente dopo la Passione di Cristo, perché fu presente al martirio del protomartire s. Stefano, diacono di Gerusalemme; pur non partecipando direttamente alla lapidazione del giovane cristiano, era tra coloro che approvarono la sua uccisione, anzi custodiva i loro mantelli. Negli “Atti degli Apostoli”, Saul è descritto come accanito persecutore dei cristiani, fiero sostenitore delle tradizioni dei padri; il suo nome era pronunciato con terrore dai cristiani, li scovava nei rifugi, li gettava in prigione, testimoniò contro di essi, il suo cieco fanatismo religioso, costrinse molti di loro a fuggire da Gerusalemme verso Damasco. Ma Saulo non li mollò, anzi a cavallo e con un drappello di armigeri, con il consenso del Sinedrio, cavalcò anch’egli verso Damasco, per scovarli e suscitare nella città siriana la persecuzione contro di loro. La conversione E sulla strada per Damasco, il Signore si rivelò a quell’accanito nemico; all’improvviso, narrano gli ‘Atti’, una luce dal cielo l’avvolse e cadendo dal cavallo, udì una voce che gli diceva: “Saul, Saul, perché mi perseguiti?”. E lui: “Chi sei o Signore?”; e la voce: “Io sono Gesù che tu perseguiti. Orsù alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare” (Atti 9, 3-7). Gli uomini che l’accompagnavano, erano ammutoliti perché l’avevano visto cadere, forse videro anche l’improvviso chiarore, ma senza capire qualcosa; Saulo era rimasto senza vista e brancolando fu accompagnato a Damasco, dove per tre giorni rimase in attesa di qualcuno, digiuno e sconvolto da quanto gli era capitato. In quei giorni conobbe la piccola comunità cristiana del luogo, che avrebbe dovuto imprigionare; al terzo giorno si presentò il loro capo Anania, convinto a farlo da una rivelazione parallela, che gli disse: “Saulo, fratello, il Signore Gesù che ti è apparso sulla via per la quale venivi, mi ha mandato da te, perché tu riacquisti la vista e sia colmo di Spirito Santo”. Detto ciò Anania gl’impose le mani guarendolo e poi lo battezzò; Saulo rimase qualche giorno a Damasco, dove si presentò nella Sinagoga, testimoniando quanto gli era accaduto, la comunità cristiana ne gioì, mentre quella ebraica rimase sconcertata, pensando che avesse perso la testa. Fu la sua prima delusione, Anania gli aveva detto: “Iddio dei nostri padri, ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere Cristo e ad ascoltare le parole della sua bocca; perché tu gli sarai testimonio presso tutti gli uomini”. Da quel momento, si può dire, nacque Paolo, l’apostolo delle Genti; egli decise di ritirarsi nel deserto, per porre ordine nei suoi pensieri e meditare più a fondo il dono ricevuto; qui trascorse tre anni in assoluto raccoglimento. Forse proprio in questo periodo, avvenne quanto lui stesso racconta nella seconda lettera ai Corinzi (12, 2-4) “Conosco un uomo in Cristo, che quattordici anni fa – se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio – fu rapito fino al terzo cielo. E so che quest’uomo fu rapito in Paradiso e sentì parole indicibili, che non è lecito ad alcuno pronunziare”. In effetti Paolo non era vissuto con Gesù come gli Apostoli e quindi non aveva ricevuto gradatamente tutta la formazione necessaria al ministero. Ma a questo, il Maestro suppliva con interventi straordinari come la folgorazione sulla via di Damasco e facendogli contemplare la realtà divina portandolo in Paradiso, senza questo avvenimento Paolo non avrebbe potuto fare e insegnare come fece e insegnò. Incontro e rapporto con gli Apostoli Confortato da questa luce, dopo il ritiro ritornò a Damasco e si mise a predicare con entusiasmo, suscitando l’ira dei pagani, che lo consideravano un rinnegato e tentarono di ucciderlo; Paolo fu costretto a fuggire, calandosi di notte in una cesta dalle mura della città aiutato da alcuni cristiani, era all’incirca l’anno 39. Rifugiatosi a Gerusalemme, si fermò qui una quindicina di giorni incontrando Pietro il capo degli Apostoli e Giacomo, ai quali espose la sua nuova vita. Gli Apostoli lo capirono e stettero con lui ogni giorno per ore ed ore, parlandogli di Gesù; ma la comunità cristiana di Gerusalemme era diffidente nei suoi riguardi, memore della persecuzione accanita che aveva operato; soltanto grazie alla garanzia di Barnaba, un ex levita di grande autorità, i dubbi furono dissipati e fu accettato. Anche a Gerusalemme, nei quindici giorni della sua permanenza, Paolo cercò di fare qualche conversione, ma questa sua attività missionaria indispettì i giudei e impensierì i cristiani, alla fine non trovandosi a suo agio, si recò prima a Cesarea e poi tornò a Tarso in Cilicia, la sua città, riprendendo il mestiere di tessitore. Dal 39 al 43 non vi sono notizie sulla sua attività, finché Barnaba, inviato dagli apostoli ad organizzare la nascente comunità cristiana di Antiochia, passò da lui invitandolo a seguirlo; qui Paolo abbandonò per sempre il nome di Saulo, perché si convinse che la sua missione non era tanto fra i giudei, ma fra gli altri popoli che gli ebrei chiamavano ‘gentili’; ad Antiochia i discepoli di Cristo, furono denominati per la prima volta come “cristiani”. Alla fine dell’anno 43, Paolo e Barnaba tornarono a Gerusalemme, per portare un aiuto economico a quella comunità e al ritorno ad Antiochia, condussero con loro il giovane Giovanni Marco, figlio della padrona di casa, la vedova Maria, che ospitava gli Apostoli nelle loro tappe a Gerusalemme, egli era nipote dello stesso Barnaba e il futuro evangelista. Primo viaggio apostolico Barnaba e Paolo decisero di intraprendere nel 45, un viaggio missionario in altre regioni, quindi con Marco partirono per Cipro, l’isola di cui era originario Barnaba, non si conosce l’estensione della loro evangelizzazione, qui Paolo ebbe un diverbio con il mago Elimas; da Cipro i tre fecero il viaggio di ritorno ad Antiochia, toccando varie cittadine dell’Asia Minore; a Perge nell’Anatolia avvenne la cosiddetta ‘fuga di Marco’, spaventato dalle difficoltà del lungo viaggio, lasciò i due compagni e se ne tornò a Gerusalemme. Paolo e Barnaba comunque proseguirono e a Listra, Paolo guarì uno storpio; gli abitanti li scambiarono per Giove e Mercurio e volevano offrire loro un sacrificio. La controversia sull’osservanza della Legge mosaica Tornati ad Antiochia, soddisfatti per i risultati conseguiti, i due apostoli trovarono la comunità in agitazione, perché alcuni cristiani provenienti da Gerusalemme, riferirono che era in discussione il concetto che il battesimo cristiano, senza la circoncisione ebraica non sarebbe servito a nulla; così Paolo e Barnaba per chiarire l’argomento si recarono a Gerusalemme dagli Apostoli, provocando così quello che venne definito il primo Concilio della Chiesa. Pietro ribadì che la salvezza, proviene dalla Grazia del Signore Gesù, che non aveva fatto nessuna discriminazione tra ebrei circoncisi e fedeli non ebrei; Paolo dal canto suo illustrò i risultati meravigliosi ottenuti fra i ‘gentili’ e si dichiarò a favore della non obbligatorietà dell’osservanza della legge mosaica, al contrario di molti cristiani per lo più ex farisei, che non volevano rinunciare alle loro pratiche, osservate sin dalla nascita, come la circoncisione, l’astensione dalle carni impure, la non promiscuità con i pagani o ex pagani, ecc. Alla fine fu l’apostolo Giacomo a fare una proposta, accettata da tutti, non imporre ai convertiti dal paganesimo la legge mosaica, la cui pratica rimaneva facoltativa per gli ex ebrei. A Paolo, Barnaba, Sila e Giuda Taddeo, fu dato l’incarico di comunicare ai fedeli delle varie comunità le decisioni prese. Ma la polemica continuò fra i cristiani delle due provenienze, fino a quando la Chiesa, ormai affermata nel mondo greco-romano, divenne autonoma dall’influenza della sinagoga. Secondo viaggio apostolico Si era nel 50 e Paolo decise di partire con Barnaba per un nuovo viaggio in Asia Minore, Barnaba propose di portare con loro il nipote Marco, ma Paolo si oppose decisamente, per non avere problemi come già successo nel primo viaggio. Irrigiditi sulle proprie posizioni, alla fine i due apostoli si divisero, Barnaba con Marco andarono di nuovo ad evangelizzare Cipro e Paolo con Sila (O Silvano) andarono nel nuovo itinerario. Il viaggio apostolico durato fino al 53, toccò la Grecia, la Macedonia dove Paolo evangelizzò Filippi; qui i due furono flagellati ed incarcerati, ma dopo un terremoto avvenuto nella notte e la conversione del carceriere, la mattina dopo furono liberati. Andarono poi a Tessalonica, a Berea ed Atene, dove il dotto discorso di Paolo all’Areopago fu un insuccesso; dopo una sosta di un anno e mezzo a Corinto, ritornarono ad Antiochia. Terzo viaggio apostolico Nel 53 o 54, iniziò il terzo grande viaggio di Paolo, si diresse prima ad Efeso, fermandosi tre anni; la sua predicazione portò ad una diminuzione del culto alla dea Artemide e il commercio sacro ad esso collegato ebbe un tracollo, ciò provocò una sommossa popolare, da cui Paolo ne uscì illeso; la comunità fu affidata al discepolo Timoteo. Da Efeso fu di nuovo in Macedonia e per tre mesi a Corinto; sfuggendo ad un programmato agguato sulla nave su cui si doveva imbarcare, continuò il viaggio per terra accompagnato per un tratto da Luca che ne fece un resoconto particolareggiato. Egli visitò con commozione le comunità cristiane dell’Asia Minore che aveva fondate, presentendo di non poterle più rivedere. L’ultima tappa fu Cesarea dove il profeta Agabo gli predisse l’arresto e la prigione, da lì arrivò a Gerusalemme verso la fine di maggio 58, qui portò le offerte raccolte nel suo ultimo viaggio. Gli avvenimenti giudiziari A Gerusalemme, oltre la gioia di una parte della comunità, trovò un’atmosfera tesa nei suoi confronti, conseguente alla già citata questione dell’ammissione incondizionata dei pagani convertiti al cristianesimo. I sospetti sul suo conto, da parte degli Ebrei erano molti, alla fine fu accusato di aver introdotto nel tempio profanandolo, un cristiano non giudeo, tale Trogiuno; ciò provocò la reazione della folla e solo l’intervento del tribuno Claudio Lisia lo salvò dal linciaggio; convinto però che Paolo fosse un egiziano pregiudicato, lo fece flagellare, nonostante le sue proteste perché ciò era illegittimo, essendo cittadino romano. Condotto davanti al Sinedrio, Paolo abilmente suscitò una contrapposizione tra Sadducei e Farisei, cosicché Lisia lo riportò in carcere e il giorno dopo, volendosi liberare della spinosa questione, mandò l’Apostolo sotto scorta a Cesarea, dal procuratore Antonio Felice, il quale pur trattandolo con una prigionia alquanto lieve, lo trattenne per ben due anni, sperando in un riscatto. Solo il suo successore Porcio Festo, nel 60, provvide ad istruire un processo contro di lui a Gerusalemme, ma Paolo si oppose e come “civis romanus” si appellò all’imperatore. Appena fu possibile, fu consegnato al centurione Giulio per essere trasferito a Roma, accompagnato da Luca e Aristarco; il viaggio a quel tempo avventuroso, fu interrotto a Malta a causa di un naufragio, dopo tre mesi di sosta, proseguì a tappe successive a Siracusa, Reggio Calabria, Pozzuoli, Foro Appio e Tre Taverne, arrivando nel 61 a Roma. Qui gli fu concesso di alloggiare in una camera affittata, in una sorta di libertà vigilata ma con contatti con i cristiani, in attesa di un processo che non si fece mai, per il mancato arrivo degli accusatori dalla Palestina. Terminato qui il racconto degli “Atti degli Apostoli”, le fasi finali della sua vita, possono essere ricostruite da alcuni accenni delle sue Lettere; probabilmente fu liberato, perché nel 64 Paolo non era a Roma durante la persecuzione di Nerone; forse perché in Oriente e in Spagna per il suo quarto viaggio apostolico. Si sa che lasciò i discepoli Tito a Creta e Timoteo ad Efeso, a completare l’evangelizzazione da lui iniziata. Il martirio Nel 66, forse a Nicopoli, fu di nuovo arrestato e condotto a Roma, dove fu lasciato solo dai discepoli, alcuni erano lontani ad evangelizzare nuovi popoli, qualcun altro aveva lasciato la fede di Cristo; i cristiani di Roma terrorizzati dalla persecuzione, lo avevano abbandonato o quasi, solo Luca era con lui. Paolo presagiva ormai la fine e lanciò un commovente appello a Timoteo: “Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele… Cerca di venire presto da me perché Dema mi ha abbandonato…, Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia. Solo Luca è con me. Prendi Marco e portalo con te, perché mi sarà utile per il ministero…”. Questa volta il tribunale romano lo condannò a morte perché cristiano; fu decapitato tradizionalmente un 29 giugno di un anno imprecisato, forse il 67, essendo cittadino romano gli fu risparmiata la crocifissione; la sentenza ebbe luogo in una località detta “palude Salvia”, presso Roma (poi detta Tre Fontane, nome derivato dai tre zampilli sgorgati quando la testa mozzata rimbalzò tre volte a terra); i cristiani raccolsero il suo corpo seppellendolo sulla via Ostiense, dove poi è sorta la magnifica Basilica di San Paolo fuori le Mura. Culto Non c’è certezza se i due apostoli Pietro e Paolo, siano morti contemporaneamente o in anni diversi, è certo comunque che il 29 giugno 258, sotto l’imperatore Valeriano (253-260) le salme dei due apostoli furono trasportate nelle Catacombe di San Sebastiano, per metterle al riparo da profanatori; quasi un secolo dopo, papa s. Silvestro I (314-335) fece riportare le reliquie di Paolo nel luogo della prima sepoltura e in quell’occasione l’imperatore Costantino I, fece erigere sulla tomba una chiesa, trasformata in Basilica nel 395, che sopravvisse fino al 1823, quando un violento incendio la distrusse; nello stesso luogo fu ricostruita l’attuale Basilica. La Chiesa Latina celebra la festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, patroni di Roma il 29 giugno, perché anche se essi furono i primi a portare la fede nella capitale dell’impero, sono realmente i ‘fondatori’ della Roma cristiana. La festa liturgica dei ss. Pietro e Polo venne inserita nel santoriale, ben prima della festa del Natale e dopo la Vergine SS. Sono insieme a s. Giovanni Battista, i santi ricordati più di una volta e con maggiore solennità; infatti il 25 gennaio si ricorda la Conversione di s. Paolo, il 22 febbraio la Cattedra di s. Pietro, il 18 novembre la Dedicazione delle Basiliche dei Santi Pietro e Paolo, oltre la solennità del 29 giugno. La sua dottrina Le sue 14 ‘Lettere’ fanno parte della ‘Vulgata’, versione latina della Bibbia e costituiscono i cardini dottrinali della Chiesa; indirizzate a comunità di cristiani dell’epoca (Filippesi, Colossesi, Galati, Corinzi, Romani, Ebrei, Tessalonicesi, Efesini), oppure a singoli discepoli (Tito, Timoteo, Filemone), in esse Paolo espose il suo pensiero annunziante il Vangelo, da lui definito così: “Io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo”. In esse si trattano argomenti fondamentali quali la fede, il battesimo, la giustificazione per mezzo della fede, il peccato, l’umanità, lo Spirito Santo, il problema dell’incredulità e della conversione degli ebrei; la natura del ministero apostolico, lo scandalo di un incesto, il problema del matrimonio e della verginità, la celebrazione dell’Eucaristia, l’uso dei carismi, l’amore cristiano, la risurrezione dei morti, le tribolazioni e le speranze degli Apostoli. E ancora: il mistero dell’Incarnazione, Cristo e la Chiesa, la salvezza universale, l’umiltà di Cristo, del suo primato sull’universo, l’impegno dei fedeli per la loro personale salvezza, la seconda venuta di Cristo e dell’Anticristo, il delineamento della figura e l’opera di Cristo, sotto il punto di vista dell’Antico Testamento, del sacrificio, del culto, del sacerdozio, del tempio; infine insegnamenti pratici per reggere una comunità, la difesa della causa di uno schiavo fuggito. S. Paolo nell’arte e patronati Era piccolo di statura, con naso adunco e occhi cisposi, impetuoso nell’affrontare la nuova missione cui era destinato, ma anche non rinunciatario dei suoi diritti, ligio alle regole e alle leggi; Paolo nell’arte, è stato invece raffigurato variamente secondo l’estro dell’artista, maturo o anziano, con barba e baffi e con capelli a corona intorno ad un’ampia fronte calva, seguendo anche le indicazioni degli apocrifi “Atti di Paolo e Tecla”, considerata sua discepola ad Iconio. È patrono oltre di Roma, di Malta e dal 16 luglio 1914 della Grecia, innumerevoli sono le basiliche e chiese a lui dedicate in tutto il mondo; otto Comuni in Italia portano il suo nome; ricordiamo anche la metropoli sudamericana di San Paolo del Brasile. È protettore dei cordai e dei cestai; è invocato contro le tempeste di mare, i morsi dei serpenti e contro la cecità. Suo attributo è la spada, strumento del suo martirio.

Autore: Antonio Borrelli

giovedì 28 giugno 2012

Devozione al Sacro Capo di Gesù





Cari amici,
recentemente  il mio caro e prezioso amico Ignazio, ha portato alla mia conoscenza questa bellissima devozione al Sacro Capo di Gesù.
Per onorare il desiderio di Gesù, di diffonderla tra tutti gli uomini, anch'io ho deciso di fare la mia piccola parte, creando due video (uno in forma integrale ed uno in forma breve) e pubblicandoli sul Web per raggiungere più persone possibile. Spero che anche voi possiate fare lo stesso, a modo vostro ,nel vostro ambito, per esaudire ogni desiderio del nostro buon Gesù.
Oltre ai video, che per motivi tecnici non possono essere troppo lunghi, inserisco anche un post con stralci degli scritti della Mistica Teresa Elena Higginson  contenenti le richieste di Gesù .
Shalom
Rosaria

Per capire l'importanza della Devozione al Sacro Capo di Gesù

Si  riportano di seguito alcuni stralci degli scritti della mistica inglese al suo padre spirituale e le preghiere di questa devozione :

" Nostro Signore mi mostrava questa Divina Sapienza come potenza direttrice che regola moti ed affetti del Sacro Cuore. Mi ha fatto capire che al Sacro Capo di nostro Signore devono essere riservate adorazioni e venerazioni speciali, in quanto Tempio della Divina Sapienza, e potenza direttrice dei sentimenti del Sacro Cuore. Nostro Signore mi ha mostrato anche come il Capo sia il punto di unione di tutti i sensi del corpo e come questa devozione, non sia solo il complemento, ma anche il coronamento e il perfezionamento di tutte le altre devozioni.

Chiunque venererà il suo Sacro Capo attirerà su di se i migliori doni del Cielo.


Dice Teresa:
"Nostro Signore e la Sua Santa Madre, considerano questa devozione  come un potente mezzo per riparare l'oltraggio che fu fatto a Dio Sapientissimo e Santissimo quando fu coronato di spine, preso in derisione , disprezzato e rivestito come un folle. Sembrerebbe  ora che queste spine stiano per fiorire , voglio dire che  Egli desidererebbe attualmente essere coronato e riconosciuto come la Sapienza del Padre, vero Re dei re.
E come nel passato la Stella condusse i Magi da Gesù e Maria, in questi ultimni tempi il Sole di  Giustizia  deve condurci al Trono della Trinità Divina. il Sole di Giustizia sta per sorgere e noi lo vedreno nella Luce del Suo Volto e se ci lasciamo giudare da questa Luce, Egli aprirà gli occhi della nostra anima , istruirà la nostra intelligenza, darà raccoglimento alla nostra memoria, nutrirà la nostra immaginazione
di una sostanza reale e vantaggiosa, guiderà e farà piegare la nostra volontà, ricolmerà il nostro intelletto di cose buone ed il nostro cuore di tutto quel che esso possa desiderare."

16.07.1881: "Nostro Signore mi ha fatto sentire che questa devozione sarà come il granello di senape. Quantunque poco conosciuta al presente, essa diverrà in futuro la grande devozione della Chiesa perché in essa viene onorata tutta la Sacra Umanità, la Santa Anima e le Facoltà Intellettuali che fino ad ora non sono state particolarmente venerate e sono tuttavia le parti più nobili dell’essere umano: il Sacro Capo, il Sacro Cuore e di fatto tutto il Sacro Corpo.

Voglio dire che le Membra del Corpo Adorabile, come i suoi Cinque Sensi, erano diretti e governati dalle Potenze Intellettuali e Spirituali e noi veneriamo ogni atto che queste hanno ispirato e che il Corpo ha compiuto.


Egli ha incitato a domandare la vera Luce della Fede e della Sapienza per tutti."

Giugno 1882: "Questa devozione non è assolutamente destinata a sostituire quella del Sacro Cuore, deve solo completarla e farla progredire. E di nuovo Nostro Signore ha impresso in me che spanderà al centuplo, su quelli che praticheranno la devozione al Tempio della Divina Sapienza, tutte le grazie promesse a coloro che onoreranno il suo Sacro Cuore.

Se non abbiamo la fede non possiamo né amare né servire Dio. Ancora adesso l’infedeltà, l’orgoglio intellettuale, la ribellione aperta contro Dio e la sua Legge rivelata, l’ostinazione, la presunzione riempiono gli spiriti degli uomini, li sottraggono al giogo sì dolce di Gesù e li legano con le catene fredde e pesanti dell’egoismo, del proprio giudizio, del rifiuto a lasciarsi condurre al fine di governarsi da soli, da cui deriva la disobbedienza a Dio e alla Santa Chiesa.

Allora lo stesso Gesù, verbo Incarnato, Sapienza del Padre, che si è reso obbediente sino ala morte di Croce, ci dà un antidoto, un elemento che può riparare, ripara e riparerà in tutti i modi e che ripagherà al centuplo il debito contratto verso la Giustizia Infinita di Dio. Oh! Quale espiazione si potrebbe offrire per riparare una tal offesa? Chi potrebbe pagare un riscatto sufficiente a salvarci dall’abisso?


Guardate, ecco una Vittima che la natura disprezza: il Capo di Gesù coronato di spine!"


PREGHIERA


"O Maria , ti imploro per tutto l’amore e gli omaggi da Te offerti a questo Tempio della Divina Sapienza, davanti al quale i Cherubini ed i Serafini si prostrano in adorazione tremanti di timore e di amore, per questo Sacro Capo che sì sovente stringesti al Tuo Cuore Immacolato e facesti riposare sul Tuo Seno!

O Maria, o Giuseppe, o Cori degli Angeli e Gloriosa Assemblea dei Santi, levate in alto, ora, i vostri spiriti, i vostri cuori e le vostre mani verso l’Adorabile Trinità e supplicate il Santo dei Santi di rivolgere i Suoi occhi su queste calde gocce vermiglie di valore infinito del Sangue Prezioso di Nostro Signore, che obbedirono agli ordini della Sua Divina Sapienza; chiedetegli, per la Sua obbedienza sino alla morte, per la Sapienza e l’Amore da Lui testimoniati alle Sue creature, di levarsi e spandere questa Luce su tutta la terra.

Ove saremmo senza la Sua Sapienza ed il Suo Amore infiniti? Nel nulla, dal quale Egli trasse tutte le cose. Che tutte le creature, dunque, riconoscano, lodino, benedicano ed amino questa Sapienza ed adorino il Sacro Capo di Gesù come Suo Tempio!".


3 Padre Nostro.

1 Ave Maria

1 Gloria.

LITANIE DEL SACRO CAPO DI GESÙ


Con Imprimatur, 26 agosto 1937 –

C.Puyo V.G.


Signore, abbi pietà di noi.

Gesù Cristo, abbi pietà di noi.

Signore, abbi pietà di noi.

Gesù Cristo, ascoltaci.

Gesù Cristo, esaudiscici.
Padre Celeste che sei Dio, abbi pietà di noi.

Figlio Redentore del mondo, abbi pietà di noi.

Spirito Santo, che sei Dio, abbi pietà di noi.

Trinità Santa, che sei un solo Dio,
abbi pietà di noi.

Sacro Capo di Gesù, formato dallo Spirito Santo nel seno della Vergine Maria,
abbi pietà di noi.

Unito sostanzialmTnte al Verbo di Dio,
abbi pietà di noi.
Tempio della Divina Sapienza,   abbi  pietà di noi  
 
Focolare di eterni chiarori,          "                               "

Santuario dell’Intelligenza infinita,

Provvidenza contro l’errore,            

Sole della terra e del Cielo, 

Tesoro di Scienza e pegno di Fede,

Raggiante di bellezza, di giustizia e di amore,

Pieno di grazia e di verità,

Lezione vivente di umiltà,

Riflesso dell’infinita Maestà di Dio,

Centro dell’Universo,

Oggetto delle compiacenze del Padre Celeste,

Che hai ricevuto le carezze della Vergine Maria,

Sul quale si è riposato lo Spirito Santo,

Che hai lasciato risplendere un riflesso della Tua gloria sul Tabor,

Che non hai avuto sulla terra ove riposarvi,

Che hai gradito l’unzione profumata della Maddalena,

Che nell’entrare in casa di Simone, ti sei degnato dirgli che non aveva unto il Tuo Capo,

Inondato di sudore di Sangue nel Getsemani,

Che hai pianto sui nostri peccati,

Coronato di spine,

Indegnamente oltraggiato durante la Passione,

Consolato dal gesto amoroso della Veronica,

Che ti sei chinato verso la terra, nel momento in cui la salvavi con la separazione della tua Anima dal tuo Corpo, sulla Croce,

Luce di ogni uomo che viene a questo mondo,

Nostra Guida e nostra Speranza,

Che conosci tutti i nostri bisogni,

Che dispensi tutte le grazie,

Che dirigi i moti del Cuore Divino,

Che governi il mondo,

Che giudicherai tutte le nostre azioni,

Che conosci il segreto dei nostri cuori,

Che vogliamo far conoscere ed adorare in tutta la terra,

Che rapisci gli Angeli ed i Santi,

Che speriamo un giorno di contemplare svelato,

- Adoriamo, Gesù, il Tuo Sacro Capo.

- E ci sottomettiamo a tutti i decreti della Sua Infinita Sapienza.

PREGHIAMO

O Gesù, che ti sei degnato rivelare alla tua Serva Teresa Higginson, il tuo immenso desiderio di vedere adorato il Tuo Sacro Capo, concedici la gioia di farLo conoscere ed onorare. Lascia scendere sulle nostre anime un raggio della Tua Luce per poter progredire, di lume in lume, condotti dalla Tua Adorabile Sapienza, fino alla ricompensa promessa ai tuoi eletti. Amen

Sia benedetto il Sacro Capo di Gesù.

Ora e sempre
.

PREGHIERA QUOTIDIANA

AL SACRO CAPO DI GESU’

O Sacro Capo di Gesù, Tempio della Divina Sapienza, che guidi tutti i moti del Sacro Cuore, ispira e dirigi tutti i miei pensieri, le mie parole, le mie azioni.

Per le tue Sofferenze, o Gesù, per la tua Passione dal Getsemani al Calvario, per la Corona di spine che straziò la Tua Fronte, per il Tuo Sangue Prezioso, per la Tua Croce, per l’Amore e il Dolore di Tua Madre, fai trionfare il Tuo desiderio per la Gloria di Dio, la salvezza di tutte le anime e la Gioia del Tuo Sacro Cuore. Amen.

Devozione Al sacro Capo Di Gesù

Devozione in Forma breve al Sacro Capo di Gesù

mercoledì 27 giugno 2012

Ordinazioni diaconali

Simone B.

Giovedi 28 Giugno 2012 alle ore 18, presso il Duomo di Monreale , Sua Ecc.za Mons. Salvatore Di Cristina  officierà  l'Ordinazione Diaconale di mio cognato  Salvatore  e di altri due  confratelli, Simone  e Venerino .
A  loro e alle loro famiglie va il mio affettuoso abbraccio e la dedica di questo video . Grazie fratelli, altri tre bellissimi  alfieri arruolati nell'Esercito di Sua Maestà , a servizio della Sua Gloriosa Sposa .
Shalom
Rosaria 

Olio di Letizia per Salvo, Simone e Venerino

sabato 23 giugno 2012

Commento al Vangelo



La novità del nome    a cura di don Luciano Cantini 
Natività di S. Giovanni Battista (Messa del Giorno) (24/06/2012)
Vangelo: Lc 1,57-66.80

«Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome»
Sembra impossibile, ma l'uomo è refrattario a tutti cambiamenti, alle svolte della vita. Cerca l'ultima novità nell'ambito della tecnologia, della moda, della filosofia; è tentato da tutto quello che sembra essere trasgressione ma in fondo rimane sempre un tradizionalista, non riesce ad uscire dall'alveo di un percorso che sembra sia tracciato da sempre e che gli offre certezze e sicurezze. Poi a guardare bene sembra più attratto dalla consuetudine delle forme piuttosto che dalla sostanza. Nel campo religioso la cosa si fa più evidente quando si ricercano le forme di devozione, o i paramenti di un tempo mentre per le scelte personali si seguono altre filosofie e altre idee.

«Giovanni è il suo nome»
Quando Zaccaria accoglie il nuovo come "dono di Dio", gli si scioglie la lingua ed esce dalla sua condizione di mutismo: lo attraversa una lode nuova che sa guardare con sapienza all'opera già compiuta da Dio e che la tradizione ha conservato con cura, e contemporaneamente alla certezza del futuro di un sole nuovo che sta sorgendo per illuminare le genti.
Tutti provarono meraviglia e tutti furono presi da timore, ma tutti custodirono tutte queste cose in una tradizione che costantemente si rinnova e cresce di nuovi doni e di nuova grazia. Siamo noi questi tutti capaci ancora di accostarci con timore e meraviglia all'opera di Dio, di riconoscerla in questo nostro tempo e custodirla perché sia maestra per il futuro e pegno per nuove meraviglie?

Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.
Ci saremo potuti aspettare che il figlio di Zaccaria, sacerdote del Tempio nella classe di Abia, fosse stato avviato al servizio sacro secondo la tradizione della sua nascita, ma fortificato nello spirito sceglie di vivere in regioni deserte, lontano dal frastuono di tante liturgie diventate inutili, dal sangue degli olocausti che da sempre Dio dice di non volere (Os 6,6). E quando al Giordano predicherà un battesimo di conversione ed indicare una via nuova susciterà la rabbia di chi vuole mantenere, falsamente, le tradizioni di un tempo ed il potere del suo oggi.

La storia corre velocemente lungo i secoli ma lo spirito della miseria umana rimane sempre lo stesso.

Il Benedictus

 

L'annunciazione di Zaccaria
Miniatura del Libro delle Ore
del Duca di Barry XV   secolo
Cantico di Zaccaria
Il Benedictus è un cantico contenuto nel primo capitolo del Vangelo secondo Luca con il quale Zaccaria loda e ringrazia Dio perché nella sua fedeltà ha salvato il suo popolo. Per questo è conosciuto anche come Cantico di Zaccaria. Il suo nome deriva dalla prima parola della traduzione latina Benedictus Dominus, Deus Israel.
Il Benedictus è il cantico evangelico cantato ogni mattina alle Lodi Mattutine, nella Liturgia delle Ore.

Il testo

Il cantico (1,68-79) è scritto nell'originale in greco come tutto il Vangelo di Luca.
Come narra il Vangelo secondo Luca, il sacerdote Zaccaria della classe sacerdotale di Abia, aveva ricevuto la visita dell'Arcangelo Gabriele, durante il servizio nel tempio, che gli profetizzò la nascita di un figlio, Giovanni, che doveva essere il Precursore del Messia, così come predetto dalle Scritture.
Mostrando incredulità, a causa dell'età avanzata della moglie Elisabetta, Zaccaria fu reso muto fino alla nascita del figlio, quando la sua lingua si sciolse, e pronunciò questo cantico di lode e di gioia.
Εὐλογητὸς κύριος ὁ θεὸς τοῦ Ἰσραήλ,
ὅτι ἐπεσκέψατο καὶ ἐποίησεν λύτρωσιν τῷ λαῷ αὐτοῦ,
καὶ ἤγειρεν κέρας σωτηρίας ἡμῖν
ἐν οἴκῳ Δαυὶδ παιδὸς αὐτοῦ,
καθὼς ἐλάλησεν διὰ στόματος τῶν ἁγίων ἀπ' αἰῶνος προφητῶν αὐτοῦ,
σωτηρίαν ἐξ ἐχθρῶν ἡμῶν καὶ ἐκ χειρὸς πάντων τῶν μισούντων ἡμᾶς·
ποιῆσαι ἔλεος μετὰ τῶν πατέρων ἡμῶν
καὶ μνησθῆναι διαθήκης ἁγίας αὐτοῦ,
ὅρκον ὃν ὤμοσεν πρὸς Ἀβραὰμ τὸν πατέρα ἡμῶν,
τοῦ δοῦναι ἡμῖν ἀφόβως ἐκ χειρὸς ἐχθρῶν ῥυσθέντας
λατρεύειν αὐτῷ ἐν ὁσιότητι καὶ δικαιοσύνῃ
ἐνώπιον αὐτοῦ πάσαις ταῖς ἡμέραις ἡμῶν.
Καὶ σὺ δέ, παιδίον, προφήτης ὑψίστου κληθήσῃ,
προπορεύσῃ γὰρ ἐνώπιον κυρίου ἑτοιμάσαι ὁδοὺς αὐτοῦ,
τοῦ δοῦναι γνῶσιν σωτηρίας τῷ λαῷ αὐτοῦ
ἐν ἀφέσει ἁμαρτιῶν αὐτῶν,
διὰ σπλάγχνα ἐλέους θεοῦ ἡμῶν,
ἐν οἷς ἐπισκέψεται ἡμᾶς ἀνατολὴ ἐξ ὕψους,
ἐπιφᾶναι τοῖς ἐν σκότει καὶ σκιᾷ θανάτου καθημένοις,
τοῦ κατευθῦναι τοὺς πόδας ἡμῶν εἰς ὁδὸν εἰρήνης.

Traduzioni

Latino

Benedictus Dominus, Deus Israel,*
quia visitavit et fecit redemptionem plebi suae
et erexit cornu salutis nobis*
in domo David pueri sui,
sicut locutus est per os sanctorum,*
qui a saeculo sunt, prophetarum eius,
salutem ex inimicis nostris*
de manu omnium, qui oderunt nos;
ad faciendam misericordiam cum patribus nostris*
memorari testamenti sui sancti,
iusiurandum, quod iuravit ad Abraham patrem nostrum, daturum se nobis,*
ut sine timore, de manu inimicorum liberati, serviamus illi
in sanctitate et iustitia coram ipso*
omnibus diebus nostris.
Et tu, puer, propheta Altissimi vocaberis:*
praeibis enim ante faciem Domini parare vias eius,
ad dandam scientiam salutis plebi eius*
in remissionem peccatorum eorum,
per viscera misericordiae Dei nostri,*
in quibus visitabit nos oriens ex alto,
illuminare his, qui in tenebris et in umbra mortis sedent,*
ad dirigendos pedes nostros in viam pacis.

Italiano

Benedetto il Signore, Dio di Israele,*
perché  ha visitato e redento il suo popolo
e ha suscitato per noi una salvezza potente*
nella casa di Davide suo servo,

come aveva promesso*
per bocca dei suoi santi profeti di un tempo,
salvezza dai nostri nemici*
e dalle mani di quanti ci odiano;
così Egli ha concesso misericordia ai nostri padri*
e si è ricordato della sua Santa Alleanza,
del giuramento fatto ad Abramo nostro padre*
di concederci, liberati dalle mani dei nemici,
di servirlo senza timore in santità e giustizia*
al suo cospetto per tutti i nostri giorni.
E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo,*
perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade,
per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza*
nella remissione dei suoi peccati,
grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio,*
per cui verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge,
per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte,*
e dirigere i nostri passi sulla via della pace.